Un’ ex alice sulla moquette

Mi guardo allo specchio e davanti alle mie labbra di sempre mi sento felice di me. Felice nonostante tutte le fragilità scoperte e nonostante un corpo su cui il mio spirito ha disegnato i suoi mostri. Felice della mia testa piena, che mi ha sempre fatto vedere il mondo molto più dei miei occhi astigmatici. Eppure quanto conta? Morirò anche io come è morto il carlino sovrappeso di mio zio e come è morto il mio nonno giocatore di briscola e raccontatore di storie, come moriranno tutte le persone che amo, la mia sorellina color carboncino e il mio gatto grigio fumo (e il che adesso mi porta quanto meno al desiderare di smettere di fumare). A cosa saranno valsi i chili persi, i capelli ormai lunghi o la lode sulla mia laurea in voli pindarici? O le magie che le nostre teste di tanto in tanto ci regalano?  Devo accettare di cambiare di nuovo, anche se di nuovo rischio di perdermi. Infondo “life is a losing game”, come il mio capo magrebino nella pizzeria-fast-food-schifosa-distorsione-britannica mi ha ricordato durante un turno di notte. Se perdo comunque tanto vale tuffarmi ancora nel buco nero dei cambiamenti. Solo le cose morte non cambiano. In ginocchio sulla moquette sarà meglio che io disegni una strada nuova. Birra e noccioline e la mia anima che parla. Sebbene la mia sia una condanna permanente, un ibrido tra un peluche e un mostro, che mal tollera lo spleen e il quotidiano e va-a-capire-cos’altro, sono ancora del parere che le anime vadano ascoltate. A meno che non si voglia diventare fossili tra pietre che non ci appartengono. Sono arrivata a Sheffield, città celebre per le acciaierie, nella terra dei barbari bevitori di birra, per seguire di un coniglio bianco. In fin dei conti ero solo una biondina sotto-sopra, ben felice di prendere un tè, che voleva solo trovare qualcuno che come lei appartenesse a un altro mondo. E adesso mi appello all’anima di un’ ex alice, sperando che tra i singhiozzi mi dica dove andare.

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